Tango del sorriso

Foglia, o dolce luminosa
spada,
bosco, o di luce prodigiosa
rada

chiaro riso dell’onda da chissà dove
risale –

quando sorridi amore nella danza che ci unisce
e separa
nel giro così corpo a corpo che l’anima
prepara

non vedo più la morte sbattere tutte le sue mille
porte, non vedo nei giorni
il cielo allontanarsi con le mongolfiere

ma vedo tutti i possibili ritorni, quando ridi
luce che in un giro di tango t’incidi

e la resurrezione che inizia
tra il mio respiro
e il tuo.

Tango sottovoce II

Tienimi. Mentre il mondo passa
urlando.

Mentre i i fiori silenziosi
si chiudono
e si affacciano le stelle.

Mentre milioni di pittori angelici
preparano l’alba. E le
vetrine si accendono sui viali
trafficati, mentre gli uomini
si svegliano al loro posto
o altrove e i leggerissimi i tir
svaniscono come ultime ombre
azzurre sulle autostrade, mentre

Lisbona guarda New York
e il cerbiatto guarda timoroso la radura,
mentre molti godono e ballano,
le luci del porto feriscono
e le stazioni ci inghiottono
e i portici ci disegnano, mentre
molti piangono e cercano
come rialzare lo sguardo, tienimi

mentre va in scena il mondo
tremendamente
e il cielo segretamente lo tiene…

Tango sottovoce I

Quando l’Italia diventa tropicale, e le pietre
bagnate splendono nel sole dei temporali,
i capelli delle ragazze sembrano dipinti
sulle fronti e i vestiti felici d’acqua,
quando si rompono le nubi del cuore e dei cieli
cantando,
e non funziona il governo,
i bus rallentano, non funziona più
il tempo ma solo
la pioggia e i segni dell’eterno
            e le rondini, le rondini
attendono negli antichi muri forati
come i baci nel cuore, quando
le piogge illuminano d’argento le piazze
e tu esci con l’ombrello di carta di giornale –

vederti è vivere e morire, è
tutto quel che devo fare
nei giorni di vita o come chiamare
questa festa dolorosa e confidente,
vederti mentre gesticoli al telefono davanti
a una delle belle facciate
di una città italiana che preziosa, rara
sta rischiando di svanire –
                           vedi come il cielo rischiara  
e le rondini volano esatte
ed impazzite di luce –
                tienimi
quando viene la notte
di tutte le notti
e con gli occhi feriti di dura
bambinesca gioia
si cerca il giorno nel giorno –
                     non ho paura
della tua bellezza
che interamente mi brucerà,
del suo cenno regale
che in me diventa temporale
e alberi, sospensione di canti, città…

A M. luglio 2009.

Tango di Borgonovo*

Dici: ogni mattina devo atterrare piano
dal sonno dove sono un altro alle mani
che mi legano ancora un giorno nel letto, ogni
mattina mi devo ricordare chi sono…

e dove ha rallentato, poi si è fermata la corsa
a perdifiato, dopo il goal o cosa era
che mi ha portato fin qui dove nulla
si  muove di me e la lastra dei giorni

incido con gli occhi…

                      Mia moglie
ha nome francese e sa graffiare
mi sta guardando diminuire ma io nel suo sguardo
divento invincibile
e ogni stadio di fantasmi posso ancora
attraversare.
            Mi chiamo
come un capitano medievale,
Borgonovo giocatore di pallone
ma ora i campioni miei compagni
che sul campo correvo ad abbracciare
si fermano ragazzi, dolci ed eleganti sulla porta
e non sanno cosa dire.

Cosa dire l’ho imparato io, notte
a notte come un bimbo
impaurito tra i lupi, guardando
con gli occhi sbarrati nel silenzio
la bocca di Dio
che soffia e fa suonare i boschi, disegna
le nubi, e nei deserti fa battere le pietre,
schianta pianeti nel niente, e fa
un nuovo tifo per me.

Ma ho un sogno, dici. Una mattina alzarmi
e andare – non molto lontano, di là
nella stanza delle mie figlie:
poterle io, solo una volta, svegliare…  

*Stefano Borgonovo, campione di calcio di serie A e della nazionale italiana, è stato colpito da Sla a fine carriera.

Tango dell

Ballo lentamente con le tue ombre,

non respiro,

vengono da tutti gli angoli della stanza
e da tutti gli angoli del mondo, un giro
solo con ognuna di loro
e piango e ammiro
il tuo volto che velato mi portano
via…

Tango dell’anima mia che ride
anche se più non ti vede
e cede in ginocchio all’andamento
così lento, così lento
del ballo che disegno da solo…

O non è solitudine la luce che in silenzio
deflagra bianchissima e cieca,
non fa l’anima agra, la invita
estrema ala di angeli fuggitivi
nel tuo sguardo la invita a essere
anima ancora,

pazientissima e incendiata, anima
sempre, aurora

Tango della fretta

Dove hai messo le ore, mago
furbo e divertito, dove
nascondi il tempo che credevo
di avere davanti e ora corre
per azzurre colline
dietro alle mie spalle, o giù
nella valle verdebuia, tra i frutteti
ventosi della vita ?
che gioco di prestigio hai compiuto,
cosa è potuto accadere
con le ore, le stagioni,
le ere ?

Mago, angioletto o piumato uccello
della rapina, sempre ti sei ingegnato
con me a scambiare la notte
con la mattina, a chiamare il buio
dentro al mezzogiorno, e a togliere
molte ore di torno…

Ora ho pazienza o vado in fretta, è lo stesso,
io so che nessuno,
ti può fare fesso, e correre, vedi,
è come danzare,
non c’è ansia, mi piace l’aria nell’aria
respirare

Tango delle citt

Abbiamo la nostalgia che volta
l’angolo e diviene
allegria
         abbiamo

la luce del sole prodigiosa
che in un istante tra gli addii dei tetti
scompare

         ma torna radiosa negli occhi
di donne che si coprono
di nubi e di vigneti.

Abbiamo bambini tra i colonnati
ombre inventate dai pittori,

e solitudini che piangono da millenni,
uno stormo di preghiere pazze
di cori di peccatori, abbiamo

una giovinezza che non vedi subito
se non hai occhio di principe e bandito.

Siamo le città della patria che non esiste,
ognuna madre, fortezza e inespugnabile
carezza

traversate dai colombi, dalle visite lentissime
alle tombe, dai riflessi delle acque

città perse nelle nebbie e nelle piogge,
come nelle cascate del sole, così pazze
e sagge.

Ognuna balla da sola, o concede un giro  
a un re dallo sguardo straniero

e poi abbraccia di nuovo solo la propria luce,
lanciando da torri e finestre
la pena e l’amore in una sola voce

Tango della fatica

Ma va via come una bambina
tutta la fatica del mondo

davanti al tuo viso, amore

va via come finisce la schiuma
di birra in un bicchiere
                        buio di tante sere

e la pena di anni e la
bestemmia tra i denti
dimagrire della luce in petto –

tutta la fatica va via, se ne va,
     polvere lunare
dalle vie deserte del viso

e i campi e le città la benedicono
quando all’alba la vedono diventare
alberi.

Tango di Marta

Era una sposa che dormiva
sul tavolo della casa al mare
era la mia giovane zia
che ebbe la dolcezza di morire

perché noi si potesse vedere
cosa resta e cosa va via
tra le nubi ventose del giorno
e quando la vita sulle onde sa ballare –

Permetti questo tango, zia ragazza
mia fidanzata, dal giorno di uno sguardo
da bambino. Eri

la sposa di cosa, quale rosa
fiammeggiava nel tuo respiro, nella
mente silenziosa.

                Traversai per seguirti
tutto il possibile dolore degli uomini

vidi come si spezza nell’aria un padre

come si chiudono le ali sul viso
di una madre, le sorelle come mai
nate, e l’amore
con le sue barche sulla riva abbandonate.

E non ci siamo più lasciati. Dimmi
che sarai tra le prime a venire
incontro a me quando il respiro

lo prenderà di colpo il mare.

Tango della luce (o di che mistero)

Da dove arriva questa luce
che a lampi, a cellule,
a grani duri, da quali
finestre o pertugi pieni
di vento, o da ferite
ancora e ancora –  
da che spari della luna
o pianti selvaggi delle stelle
che assaltano il treno
ancora ancora e danno
la solitudine dei vetri
anche dentro agli occhi –
                               Da dove
arriva, da quali città che
perdono il nome appena
si entra nelle loro strade…

Da quali campi con alberi
di frutteto nero,
vengono le fiamme che
brucia via l’anima del nero –

da quali forni di povera
terra che prende nella pancia
il pane deposto da mani
che tremano
da secoli sulla piccola testa dei figli.

“Luce, luce…” mormora la ballerina
cercando con gli occhi dove comporre
il cigno stanco del corpo

Da che porpora ferita
dal riflesso di latta dei quattrini
e senza alluvione bianca di pietra bianca

e da dove viene tutta la beata
violenza del giorno, come “perdono
di ciò che fa morire”