A Benedetto XVI

 

Il 4 luglio in occasione della festa dei 60 anni di ordinazione sacerdotale di Benedetto XVI sessanta artisti da tutto il mondo sono stati invitati a rendere omaggio con un dono. Ho risposto portando un testo in versi “autoritratto con papa” dove la voce di un’artista pone urgenti questioni e vede la figura del pontefice, che si è definito un lavoratore nella vigna del Signore. E il testo infatti –come ho raccontato al Papa quando per alcuni minuti si è fermato a guardare la mia opera edita con la cura di Lamberto Fabbri e con opere originali di Gianni Bubani- inizia con i versi “Vendemmia / o bestemmia”. E’ l’alternativa di sempre, gli ho detto, mentre si girava colpito da questi versi. “Me ne ricorderò”, ha detto e poi altro che tengo per me.

 

 

 

A Benedetto XVI
a colui che sta nella vigna

Autoritratto con papa

I

Vendemmia o
                      bestemmia –

mormorava col capo basso,
poeta, attore o cosa era, sfinito
in tutte le sue figure

la notte lavorava il suo viso: vendemmia
ripeteva, o bestemmia

la cipria quasi levata, diceva
al muro o a folle di fantasmi, al gentile
pubblico o a cosa
in un lontano sorriso:

vita
ti raccogli tutta in me radiosa, vile, bruciante
sotto questo doppio stemma

e ne soffri

il così alto, ventoso dilemma

sui crinali dove sale l’alba
e lungo i portici della mente e anche lì,
lo sappiamo tutti, diceva, sì
nel bacio che cade e infiamma –

II

       Diceva, posando il bicchiere
al banco, ripeteva lui:
vendemmiare o
a palpebre spente
a cuore arso vivendo
voltato verso
i campi bui,
bestemmiare,

sempre mio umano dramma
qui cieco risplendo

-diceva, a tratti aveva occhi smeraldo, di nebbie
e di pianto-

mia vita che sarebbe solo
buio schianto
se non avanzasse
nei balenii della luce tra le foglie di verdi

i verdi, infiniti e argento…

(E qui quasi si sospende)

III

se non venisse
-diceva o forse
lo sento ora, riprende
quasi lo vedesse al di là della vetrata del bar 
camminare dai perduti
tuguri del mondo, nelle favelas
dei corpi dei cuori-

se non apparisse
come un soldato, da solo, dopo la guerra
tutta la morte lasciata nel fosso
occhi palude, bocca digrigna
ma no, più non lo afferra

ecco viene
il giovane padrone della vigna – –

con il sorriso che la notte gli ha fiorito addosso
e fa muovere la vita nei tralci

e che compone nelle ombre dell’aria
lentissime
i frutti.

IV

E tu, dice voltandosi quasi senza più
voce,
uomo che lavori tra i grappoli e rispondi
a quel sorriso,
uno fra tutti, cosa è
la tua letizia nel gesto del braccio che porti sulla fronte
e poi sui tralci, sui viali corre lei,
tocca le città, le onde, lei è
segno ai polsi dei tuoi figli, supera i flutti

contro la disperazione che ogni vita
qui confonde – –

vendemmia, ora che vi ho veduti,
pare o forse davvero
canta a bassa voce nella gola
e nel pianto,
poeta o cosa era,
uomo e attore, voce dei poveri
perduti cuori

vita, mormora, sì
mentre nello sguardo gli vanno all’infinito
le colline,
 vendemmia
                            vigneto amore

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