Ti vedo ti vedo

Ti vedo ti vedo
forsennatamente, riappare
come uno stormo dal vuoto bianco del cielo
l'imprevisto che dà amore alla mente

ti vedo nel ridere di qualcuno
che si accende
nel buio dei portici,
                       in una spalla
solitaria di ragazza
dietro i vetri del tram,

ti vedo un attimo dopo
questa tua giovinezza, mentre
entri nelle grandi gallerie del tempo

ti vedo in quel che ti somiglia
e che non ti somiglia.

 

Blues stasera del vento

Amami cielo basso
tremito dei rami, amami
dimmi qualcosa di importante
tra le luci delle insegne
e le luci degli amori brevi,
vento, tu
suggerisci qualcosa al mio cervello invecchiato
dove ramifica il corallo
qualcosa al mio petto di zucchero
soffiato – –
e al ventre
che svuotata conchiglia
rimormora il mare.
Carezza vento questi tetti
piatti, le piastrelle e i bambini sulle terrazze, il mio
bicchiere, dimmi
qualcosa d'amore
non tralasciare nulla
lascia indietro solo i lamenti, ma
proprio tutto il resto della vita
canzoni, chiasso di godere, silenzio e maestà,
lunghi sospiri e fiato mozzato
proponi, vento, proponi!

E' la sera giusta stasera,
non perdiamo l'occasione di far arrivare
questo dolce carico carretto
fino all'eterno,
ma muovile
tu quelle ruote, anche dall'inferno
un soffio ti prego
dei tuoi, un soffio…

Un tempo si prepara piumato
e crudele, tredicenni
fissano in un video per ore
la luce senza ardore che viene dalla rete,
seta fuggente sugli occhi
sorpresi fino a sentire un lieve
disagio per l'esistenza del dolore
a bocca aperta vedono
vicina e anche dentro di loro
accadere la morte. Saranno facili
prede impaurite dei venditori che spacciano
un mondo perfetto.

Ma tu vento che nessuno sa dove
dimmi qualcosa di chiaro bene
qualcosa che entri nel midollo
spinale e in quel silenzio nativo
sia difeso, veloce
più dei riflessi sul vetro del treno
che cattura nella luce il mio volto
un istante come un istante
qualcosa più veloce del non esser più niente.

In questa età del feeling
gli scrittori più noti arrivano
alle stesse conclusioni dei pubblicitari,
e tutto è aperto, i musei, i pub e le chiese,
e la domenica le aule parlamentari
per la visita confusa di gente che dice
a tutto è carino! ma non sa più
che cosa è : domandare.
Io ricordo
le mani chiuse di mia madre,
gli occhi chiusi per sempre di Marta.
E che ogni cosa ha un segreto
se non lo domandi scompare.

Daremo figli
alla luce e li esporremo
anche alle tenebre,
a volte faremo grandi bevute
e grida di piacere o di pena
senza imprimere movimento
a tutta la vita che c'è nella vita?
Il buio è solo il buio
godere è godere, gli oceani
in silenzio solo vasto
silenzio di oceani?

Ma il fuoco chiaro, febbrile del giorno
che scende tra gli alberi
– chi lo guarda? chi è esperto
dell'aria,
del dolore?
chi segue le linee sulle mani della betulla
e avverte lo slegarsi di molecole,
la notizia minuscola in cronaca
come qualcosa che riguarda il suo amore?
Dove sono bestemmia e visione,
rompere i gusci delle buone maniere.
Far di sé
un ufficio reclami
dove si sfogliano riviste ed è vietato fumare
non è dignitoso e nemmeno dà gusto

far di sé un silenzioso, placido
acquario non so se valga la pena,
preferisco all'equilibrio il viaggiare
su quel che resta d'un vecchio fusto
che in pericolo inclina
inseguendo lei, Moby, ballerina
balena che ci trema al centro degli occhi.

Niente è come entrare
perduto sotto le volte di una cattedrale.
Dire piano ave Maria il mondo non va via.
O camminare
verso il volto
che non ha scandalo del male.

Eh, che cosa
afferrare se non quello
da cui siamo sempre afferrati?

La semplice conoscenza del movimento
nel camminare in viali trafficati,
come l'uomo che si arresta per le scale
e non ne ricorda il motivo,

la sorpresa
di lavorare nel medesimo lavoro
che muove tutte le ore nella creazione,
il fiore delle figure in cui si tengono
i pianeti e quelle sulla scrivania
lasciata in ordine dalla segretaria
prima di spegnere la luce, andare via.

Amami cielo basso, io lo so
che l'amore sempre stupisce
e sempre lavora,
lo so anche stasera che qualcosa di più
di questo whisky nel bicchiere finisce,
alzando gli occhi che hanno febbre
sulle luci di una città italiana
che incanta e ferisce.
Tu vento che nessuno sa dove
continua a disegnare figure che non comprendiamo
nel movimento delle nubi
sul lume debole di luna,
nelle ombre dietro i vetri della mia casa
nel palazzo che ho di fronte.

E lascia che canti in questa notte
un viso che ha dolore e lode
                              in parti uguali di sguardo.

***

Suite per Irene

I

Irene s'è uccisa a tredici
anni. Ha scelto
per il suo volo di morire
lo stesso giorno di Cobain.
Sua madre mi dice:
proprio ora, stava per fiorire.
E altri stormi di parole
la traversano in molte direzioni.

Io dico solo: non l'hai
perduta, il mai non l'ha
rubata,
è Irene
nel mistero, i suoi
pochi tredici anni
sventagliati nel puro vero.
E: vedrai
la croce ora dentro alle tue mani
che non ne sapevano niente.


II

Pagherete per Irene
pagherete caro, dico non so bene
a quale dei fantasmi onnipresenti,
video-petulanti, ai maestri quasi tutti
orrendi
nella retorica che si son cuciti
di artisti o presidenti.
Su di lei
in lei, chi ha fatto pasto ?
molto è per sempre
nascosto, ma una favilla
di fuoco
deve bruciare sugli occhi
di chi fa del nero inoculato ai ragazzini
la propria spettrale,
ricca professione.

Nei giorni del primo
sangue, della prima rosa, dei primi
pensieri che seguono l'arco
dei cieli, nei giorni della clamorosa
scoperta d'essere nell'universo, cosa
offrite, cosa?
Videogame e oblìo
orbite vuote di cantanti, il becco
degli spot, i fiori persi
delle paure
e coccole e un dio
banali come scrupoli – –

pagherete per Irene, per la corona
di spine
che le avete posato sui capelli.

III


Ha raccolto i tuoi anni in una fascina
li ha alzati su uno dei vasi più belli

di vetro spesso, luminoso

dove li tocca sempre il vento
e si vede l'azzurro della collina.

Il tuo angelo custode aveva gli occhi sbalorditi
e gli altri angeli a doverlo consolare.

Vorrebbe aver lui colpa di tutto
ma gli altri uniti: se Dio toglie

la libertà, la vita è
solo immalinconire.

Irene, dolce fascina,
passando per il terribile

hai trovato la fiamma
chiara dell'invisibile.

E la alimenti, la presenti
correndo lungo i nostri muri.

Dammi le chiavi della solitudine
per entrare nella sua ultima parte
– ne tocco le porte
da giorni con le mani

e una voce le ritira
sempre più nel buio

sono schiene
di belle signore sotto poca
luce
lepri o altre
prede
alzate nella penombra

quella fortezza è un aprile chiudendo i miei occhi

le bianche guardie
addormentate alzano appena il ciglio
al mio passaggio

– Signore delle solitudini in corridoio
della sigaretta fumata con un estraneo

vieni dentro le notti fredde

ti vedo, sei in questi pub
deserti dove la musica
pulsa e sotto la luce vuota
la stanza dilata
dove o ti siedi
con me, o ti siedi
con me o non esisti, svanendo insieme
alla schiuma della birra
e al tuo nome che dicono invano di Dio

***

Voler bene a una persona

Voler bene a una persona
è un lungo viaggio – –

rupi, cadute d'acqua e bui
improvvisi, dilatati
il chiuso di foreste,
lampi a volte
sul silenzio così vasto del mare

e strade sopraelevate, grida

viali immersi all'improvviso
in una luce sconosciuta.

Voler bene a uno, a mille, a tutti
è come tener la mappa nel vento.
Non ci si riesce ma il cuore
me l'hanno messo al centro del petto
per questo alto, meraviglioso fallimento.

Sugli altipiani di ogni notte
eccomi con le ripetizioni e le mani rovesciate della poesia:
non farli stare male, sono tuoi, non farli andare via

      

Guardano i miei figli come un evento

Guardano i miei figli come un evento
fuggire la palla
dalle loro mani piccole,
il fruscìo sotto la siepe
di un gatto nel cortile
il camion muggire chiuso
nelle vie strette cittadine.

Non hanno gli occhi delle mie solitudini
sulle strade dove li accompagno
nella penombra dove divento loro padre

– di là dai vetri mi traversano alberi
persone ferme
in attesa di un tram
un'acqua ripida di auto
e motorini, qualcuno
che si appoggia a una colonna, ferito da cosa,
lungo il porticato.

Loro mai fermi sui sedili dietro e accanto
hanno il nascere nel sangue,
la luce nelle domande
succhiano da grandi bicchieri, sbriciolano
da sacchetti di pane.
A ventaglio si apre
il loro vivere nel mondo.

Cosa mi attende
andarmene in un lampo,
lasciar la guida, o ancora
essere un re per voi, e poi
servirvi io diminuendo
ritornare un po' bambino
usare un giorno io l'altro sedile
e poi finire dietro il vetro,
invisibile al vostro
viaggio, vivo solo
nel vivere così grande che ci ha preso

(e che tutti cercano,
il camionista
che s'è perduto,
le persone che scrutano la via
per vedere se c'è il tram,
e quello
che non è più alla colonna,
svanito lungo il porticato…)

                                   a Bartolomeo, Carlotta,
                                  Battista e a chi sta arrivando

***

Trovare in casa all’alba

Trovare in casa all'alba abbandonati
i vostri giochi, uno Zorro
trasformato in motociclista
o su un cavallo sproporzionato,
un telefono colorato senza pile
un laccio delle scarpe
o una maglietta che sollevo adagio
 
è ricevere dal mare della notte
i segni di una terra,
di una riva che non vista
si sporge al mio naufragio.


***

Ci vuole pazienza nell’amore

Ci vuole pazienza nell'amore
e anche impazienza,

luce ma lasciare
spazio anche per l'ombra.

Lo sa il vecchio pino, alto, nel cortile
che ha veduto dalle finestre
e fermato il volo
di parole che per tristezza volevano buttarsi
e poi ha veduto

vetri spalancarsi al sole
spinger via paura, stanchezza
e il morire delle case.

Lo sa che ha trattenute appese
le voci cambiate dei ragazzini
e le occhiate delle donne
sole a fumare alle finestre.

Ci vuole pazienza nell'amore
e anche furia,
la furia bella dei bambini
che ridono e capriòlano
quando ritorna qualcuno,
e fan le corse in corridoio, si fan notare

e quella del pino antico che nel gelo
e nel cupo silenzio della città
stringe le radici, nascoste
come un ferito le sue cicatrici.

 

Quando la casa di notte

Quando la casa di notte
se inizia la pioggia
si anima

finestre che toccano,
porte che un'aria improvvisa
le muove e non si richiudono
piccoli
passi di corsa
sul legno

il viso
della città è stanco, riceve
quell'acqua.
Luminose diventano le oscurità.

Mi ritrovo sveglio come un neonato,
il cuore un evento.

       

Conoscere il respiro, esattamente

I

Conoscere il respiro, esattamente
è l'occupazione degli amanti
toccare
l'acqua misteriosa
del volto silenzioso

dire mio
amore come dire niente

la impaziente luce delle dita
quel che trema e non smette
di tremare.


II


Conoscere
il respiro del giorno, quel che dirada
nella sera
è ansia dolce
se l'oro buio, il nada
l'ombra infiammata
dei volti che si toccano –

e brucia via l'ipnosi
dei cerchi d'orologio.

Non alzate le braccia
contro l'arrivo delle sere, la luce pura
esclamativa delle stelle.

Amare è l'occupazione
di chi non ha paura.

        

Oceano, cucina

I

Verrebbe da dire: me la sono cavata,
fermo stanotte
al tavolo della cucina
mentre qui intorno nelle migliaia di appartamenti

come in strani cunicoli sospesi per l'aria dormono tutti
e l'argento della pioggia finisce nel buio.

Verrebbe da dire:
me la cavo con l'affitto e sorrido ai miei debiti, ma
cos'è ancora questo vino luminoso
e violasangue che mi esce tra i denti,
le notizie come stelle terribili in mente

non si dissolvono i fantasmi d'amore seduti,
la luce sale, li sbianca, sono il viso
di donne, le mani di stracci, carta pesta
e amici che si voltano nell'acqua degli anni.

Il mio amore non sta ancora fermo,
mi alzo ed esco in terrazzo, il cuore è un puma
sulle alture, ho gli occhi di mio figlio,
stanotte é la prima notte del mondo.

 

II

Verrebbe da dire: me la posso
cavare. Ma una volta mi fermai

sul molo di Stone Island
in un mattino splendido, ghiacciato
nel mezzo della corsa
della mia esistenza e sentii

tutta l'oscurità del mare,
l'enigma, il suo respirare

che arriva in questa cucina, in una città
italiana, nel silenzio spogliato,
ed è il vibrare del frigorifero
a trovare la stessa nota dell'oceano,
la luce del video

acceso a nessuno
rende a queste stanze un chiarore di fondale.

Verrebbe da dire : me la sono
cavata, ma non è mai detto e non è
nemmeno giusto da dire
se l'infinito un giorno

e molti giorni in una vita
 ti viene a visitare.